Quarta linea all’inceneritore di San Lazzaro – Le osservazioni di Europa Verde Verdi di Padova
RELAZIONE DESCRITTIVA (CONTENUTI DELL’OSSERVAZIONE):
Osservazione in merito alla coerenza del progetto in oggetto con il Piano Regionale dei Rifiuti e con il nuovo Piano da redigere secondo le direttive UE dell’economia circolare.
Si sottolinea l’incoerenza delle scelta dell’impianto di incenerimento di Padova. Lo dimostrano alcuni elementi tra cui:
- la richiesta dell’autorizzazione al trattamento (confermata nel Piano Economico Finanziario a fini dell’autorizzazione AIA/VIA) invariata rispetto all’attuale, in cui si prevede che il conferimento alle linee dell’impianto di “smaltimento e recupero di rifiuti urbani” si attesti intorno alle 245.000 t/anno di RU;
- la scelta di avviare a incenerimento tipologie di rifiuto che prioritariamente dovrebbero essere avviate a recupero di materia tramite filiere specifiche o mediante compostaggio aerobico;
- il fatto che un impianto di incenerimento o co-incenerimento è per sua natura rigido, cioè richiede di essere alimentato con una quantità costante o crescente di rifiuto per tutta la durata del piano di ammortamento.
E’ evidente che la suddetta richiesta di mantenere invariata la capacità di trattamento risulti in netto contrasto con l’obiettivo posto dalla Regione Veneto di raggiungere entro l’anno 2020 il 76% di raccolta differenziata e di ridurre la produzione pro-capite di rifiuto urbano a 420/kg/persona. Obiettivi che il nuovo redigendo Piano di Gestione Rifiuti non potrà che aumentare in modo ancora più ambizioso, ponendo dei limiti raggiungibili in relazione con il trend che si registra da molti anni.
Il progetto in oggetto già oggi non tiene in considerazione i risulti raggiunti in termini assoluti e del trend di questi ultimi anni fra cui ricordiamo:
– il livello attuale di RD pari al 69,5% (+ 0,8% sul 2018) -secondo il calcolo regionale- e pari al 74,7% secondo il metodo nazionale Ispra (+0,9% rispetto al 218);
– la produzione rifiuti raccolti in maniera differenziata che è migliorata (+ 2,1% rispetto al 2018).
Mentre la produzione pro capite 471kg (1,29kg/ab*giorno), seppur leggermente aumentata del 1% sul 2018, si riconferma tra le più basse a livello nazionale nonostante il PIL elevato della Regione e oltre71 milioni di presenze turistiche del Veneto.
Si fa inoltre notare che nel 2019 in Regione Veneto è stata raccolta circa722mila t di frazione organica (pari a circa il 31% del rifiuto totale prodotto), prelevata tramite un diffuso sistema di raccolta secco/umido, e queste sono state avviate ad un articolato sistema regionale di impianti di compostaggio e digestione anaerobica di grandi, medie e piccole dimensioni che assicurano una potenzialità totale di trattamento di circa 1,5milioni di tonnellate, cioè in grado già oggi di fare fronte ad un ulteriore cospicuo incremento della raccolta differenziata di tale frazione che si potrà raggiungere nei prossimi anni grazie all’introduzione del sistema del porta a porta anche in alcune città capoluogo, tra cui la stessa Padova dove oggi copre solo 123mila utenze.
Pr questo si fa notare che a Padova, con l’introduzione programmata del metodo del porta a porta, si assiste alla crescita costante della RD dei rifiuti urbani. Nel 2019 la RD arriva al 53,5% (dati ARPAV certificati) con un + 1,5% rispetto al 2018 ed una proiezione al 59,4% per il 2020. Che la popolazione sia pronta a colmare il gap che separa il capoluogo dalla maggioranza dei risultati raggiunti in comuni meno densamente abitati è dimostrato dai numeri dell’Arcella Ovest, 17mila abitanti, dove in 6 mesi siamo passati dal 40% al 73,6% di RD.
Giova infine ricordare che l’incongruenza del progetto è dimostrata al fatto che nel 2019 in Veneto sono state avviate direttamente a termovalorizzazione quasi 190mila t di rifiuto urbano (pari all’ 8% del rifiuto urbano prodotto) con una riduzione di circa l’8% rispetto all’anno precedente. Nell’impianto esistente di Padova nel 2019 sono stati trattati 131.000 t di rifiuti urbani, il dato più basso registrato dal 2015; anche la quota di EER 191212 , pari a 19.683 t, è inferiore a quanto avviato all’impianto nel 2015. Il totale tratto nel 2019 a San Lazzaro, compresi altri rifiuti, non raggiunge le 160.000 t, di cui solo 130 mila di provenienza provinciale.
Quindi la capacità di trattamento reale a fronte dell’autorizzazione del progetto in oggetto subirebbe un forte incremento, un aumento di circa 75-85 mila t/a di rifiuti trattabili, un potenziamento compreso fra il 44 e 53%. Infatti il confronto non va fatto con la capacità autorizzata attuale pari a 245 mila t/a, che è solo potenzialmente, ma con la quantità reale di rifiuti trattati, pari al massimo a 160-170 mila t/a.
Si tenga infine in considerazione che il suddetto Piano Regionale dei rifiuti urbani e speciali, ancorché scaduto il 31.12.2020, è altresì superato rispetto alle nuove Direttive europee in materia di rifiuti (cosiddetto pacchetto economia circolare) che è stato recepito dall’Italia nel settembre 2020 – d.lgs. 3 settembre 2020, n. 116, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio”, pubblicato nella G.U. dell’11 settembre; d.lgs. 3 settembre 2020, n. 118, recante “Attuazione degli articoli 2 e 3 della direttiva (UE) 2018/849, che modificano le direttive 2006/66/CE relative a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche”, pubblicato nella G.U. del 12 settembre; d.lgs. 3 settembre 2020, n. 119, recante “Attuazione dell’articolo 1 della direttiva (UE) 2018/849, che modifica la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso, pubblicato nella G.U. del 12 settembre; d.lgs. 3 settembre 2020, n. 121, recante “Attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”, pubblicato nella G.U. del 14 settembre.
In particolare si sottolinea che a seguito dell’introduzione di queste nuove norme, l’incenerimento dei rifiuti, con o senza recupero di energia, è considerato come smaltimento al pari della discarica, escludendo perciò in modo netto questa pratica da quelle finalizzate al recupero di materia.
Osservazione in merito alla classificazione attribuita all’impianto di trattamento dei percolati da discarica e per l’attività di essiccamento fanghi.
Il documento di Hestambiente srl attribuisce all’impianto il trattamento dei percolati da discarica “Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi”, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento.
Il percolato di discarica normalmente contiene sostanze pericolose, e in effetti in più parti della relazione tecnica si fa riferimento al fatto che il percolato contenga PFAS e altre sostanze pericolose. Si ritiene dunque che la classificazione proposta non sia corretta.
Analogo ragionamento vale per l’attività di essiccamento e successivo incenerimento dei fanghi visto che proprio questa attività viene giustificata con il fatto che, contenendo i fanghi sostanze pericolose tra i quali PFAS, non sarebbero più utilizzabili ai fini della produzione di ammendante agricolo.
Osservazione con richiesta adozione principio di precauzione per l’incenerimento
dei PFAS.
Nel nuovo impianto in oggetto può avvenir l’incenerimento dei fanghi dei depuratori civili contenenti PFAS e dei percolati di discarica essiccati contenenti pure questi PFAS.
Per quanto riguarda l’incenerimento dei PFAS si ritiene che il soddisfacimento del comma 5 dell’art. 237-octies del D.lgs 152/2006 e ss.mm.ii. non garantisca affatto adeguati standard di sicurezza per la tutela dell’ambiente e della salute umana.
Sono numerosi infatti gli studi scientifici che evidenziano rischi e incertezze rispetto a questa pratica. A titolo esemplificativo si cita qui un Technical Brief dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente degli Stati Uniti (EPA) datato 1 agosto 2019 dal titolo Sostanze per e polifluoroalchile (PFAS): Incenerimento per la gestione di flussi di rifiuti PFAS, secondo il quale permangono ancora molte incertezze circa lo smaltimento per termodistruzione di queste sostanze. Infatti lo studio afferma in alcuni passaggi che:
– “I composti PFAS sono difficili da decomporre a causa dell’elettronegatività del fluoro e della stabilità chimica dei composti fluorurati. La distruzione incompleta dei composti PFAS può provocare la formazione di prodotti PFAS più piccoli o prodotti di combustione incompleta (PIC), che potrebbero non essere stati studiati e quindi potrebbero costituire potenziali sostanze chimiche pericolose”;
– “Il composto organico fluorurato più difficile da decomporre è il CF4, che richiede temperature superiori a 1.400 ° C…”;
– “L’efficacia dell’incenerimento per distruggere i composti PFAS e la tendenza alla formazione di sottoprodotti organici alogenati fluorurati o misti non è ben compresa. Pochi esperimenti sono stati condotti in condizioni ossidative e di temperatura rappresentative dell’incenerimento su scala di campo”
– “Gli studi sulle emissioni, in particolare per i PIC, sono stati incompleti a causa della mancanza dei metodi di misurazione necessari adatti per la caratterizzazione completa dei composti organici alogenati fluorurati e misti”
Si ritiene pertanto che al momento la modalità più sicura per gestire fanghi e percolati contaminati da PFAS sia l’inertizzazione e lo stoccaggio in discariche speciali, mentre relativamente al loro incenerimento si invoca qui il rispetto del PRINCIPIO DI PRECAUZIONE citato nell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (UE). Scopo del principio di precauzione è garantire un alto livello di protezione dell’ambiente grazie a delle prese di posizione preventive in caso di rischio.
Secondo la Commissione europea, il principio di precauzione può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, se questa valutazione non consente di determinare il rischio con sufficiente certezza.
Sulla base delle evidenze scientifiche che dimostrano un elevato grado d’incertezza circa gli effetti derivati dall’incenerimento dei PFAS, si richiede dunque che tale opzione proposta nel progetto in questione venga esclusa.